Piano di Utilizzo del Demanio Marittimo

Premessa Metodologica

La città può essere concepita come un grande insieme di parti in relazione tra loro: la città è cioè un sistema, ed è un sistema complesso. Le interazioni tra gli attori urbani sono di tipo non lineare, in quanto costituiti da forme di competizione, di cooperazione, di complementarità, di simbiosi. Esistono nella tipologia delle interazioni degli anelli di reazione positiva: ne sono esempi le economie di scala, la propensione all’agglomerazione, i rendimenti crescenti, ecc. Mentre la competizione per lo spazio, per le risorse, per la conquista dei mercati, la tendenza alla segregazione, l’effetto dissuasivo sugli spostamenti dovuto alla distanza ed alla congestione del traffico sono esempi di retroazioni negative. Lo studio della città come sistema complesso pone diversi problemi, dipendenti soprattutto dalle difficoltà di identificare in modo certo i fenomeni urbani e le loro componenti che non sempre corrispondono ai modelli matematici dei sistemi complessi: ossia non sempre è possibile identificare le relazioni non lineari e le connessioni ad anello, le biforcazioni nel processo di evoluzione organizzativa, morfologica e funzionale della città.

Per queste ragioni occorre quindi avere un approccio integrato alla pianificazione che sia sostenibile e resiliente.

Le Linee Guida del Progetto ENPLAN propongono una definizione di sviluppo sostenibile:“… sono state avanzate molte definizioni di “sviluppo sostenibile”, talvolta di impostazione antropocentrica e talvolta, più di rado, di impostazione biocentrica. L’estensione all’ambiente delle teorie economiche mette l’accento sul mantenimento di lungo periodo del capitale e della sua capacità di generare benessere. Il capitale da mantenere comprende sia il capitale artificiale (prodotto dalle società umane) sia il capitale naturale. Sono orientate alla “sostenibilità debole” le teorie che considerano capitale artificiale e capitale naturale tra loro perfettamente sostituibili. Sono invece orientate alla “sostenibilità forte” le teorie che suppongono i due tipi di capitale non fungibili e che ritengono quindi che il loro mantenimento debba essere perseguito separatamente. Da questa seconda impostazione derivano alcuni criteri operativi per il perseguimento della sostenibilità:usare le risorse rinnovabili al di sotto dei loro tassi di rigenerazione;usare le risorse non rinnovabili a tassi di consumo inferiori ai tassi di sviluppo di risorse sostitutive rinnovabili;limitare l’immissione nell’ambiente di agenti inquinanti al di sotto delle soglie di capacità di assorbimento e di rigenerazione da parte dell’ambiente.

Più recenti impostazioni di “economia dell’ecologia” pongono invece l’accento sulla complessità dei sistemi naturali e delle loro relazioni con i sistemi sociali, sulla difficoltà di prevedere il cambiamento degli equilibri ecologici e di riconoscere le relazioni tra cause ed effetti. Perseguire la sostenibilità in questo caso significa riorientare l’intera economia, modi di produrre e di consumare compresi, in base al principio di precauzione”. Contestualmente viene presentato il noto “schema triangolare”, che sintetizza il concetto di sostenibilità: i tre vertici rappresentano rispettivamente la polarizzazione degli aspetti ambientali, economici e sociali. I lati del triangolo rappresentano le relazioni tra le polarità che possono manifestarsi come sinergie e come conflitti. Il compromesso necessario tra i diversi estremi è rappresentato, una volta risolto il problema delle scale di misurazione, da un punto lungo ogni asse di misura. Il congiungimento di tali punti dà luogo a un triangolo, la cui superficie potrebbe essere definita come vivibilità o qualità della vita.

Tale schema però non appare sufficientemente chiarificatore in quanto non pone in evidenza i “confini” della vivibilità reale (se non in un campo ovviamente più ristretto rispetto a quella ideale) né definisce i conflitti in atto tra le tematiche. Si preferisce quindi il riferimento allo schema di Godschalk (2004). È evidente che la tradizionale contrapposizione ambiente/sviluppo esprime una visione eccessivamente riduttiva dei problemi della pianificazione, in quanto incapace – tra l’altro – di rappresentare la dimensione del conflitto sociale e la dimensione della qualità urbana. Questa contrapposizione binaria deve essere arricchita per ottenere una rappresentazione più efficace del sistema degli obiettivi che la pianificazione deve perseguire. È stata proposta di conseguenza una ulteriore articolazione secondo quattro sistemi di obiettivi: – economico – ambientale – sociale – della vivibilità.

Secondo Godschalk, i primi tre obiettivi integrano la nozione di sostenibilità, che, nell’accezione corrente non includerebbe la vivibilità (livability), che quindi deve essere aggiunta. Questa rappresentazione è schematizzata nel seguente tetraedro sostenibilità/vivibilità:

I diversi approcci di strutturazione della città possono essere sintetizzati come segue.

Il punto di vista economico rappresenta la città come il luogo della produzione, del consumo, della distribuzione, dell’innovazione. La città compete con altre città per conquistare nuovi mercati e nuove attività. Lo spazio è lo spazio economico delle reti infrastrutturali, dei mercati, del pendolarismo.

Il punto di vista ambientale rappresenta la città come consumatrice di risorse e produttrice di rifiuti. La città sottrae alla natura risorse scarse e suolo ed è una minaccia per l’ambiente naturale. Lo spazio è lo spazio ambientale delle reti e delle nicchie ecologiche, dei bacini idrografici.

Il punto di vista sociale rappresenta la città come luogo di integrazione, ma anche necessariamente di conflitti e di negoziazione intorno alla distribuzione di risorse, di servizi, di occasioni. La competizione è all’interno della città, fra gruppi sociali. Lo spazio è lo spazio sociale della comunità, delle organizzazioni di quartiere, del sindacato, della partecipazione e della segregazione.

Il punto di vista della vivibilità è quello che più direttamente sollecita le competenze disciplinari proprie dell’urbanista. Esso rappresenta la città come il luogo della vita quotidiana, della fruizione, del tempo libero. La competizione è fra attività e funzioni con esigenze diverse e investe l’organizzazione dello spazio urbano e della mobilità, le reciproche interferenze. Lo spazio è lo spazio della forma urbana, della memoria storica, dell’accessibilità.

Naturalmente si potrebbe aggiungere a tutto ciò il punto di vista politico che risalta particolarmente in una fase nella quale i soggetti del governo urbano si trovano ad interpretare la propria missione in una dimensione plurale dei poteri, degli interessi e dei valori e a servirla con approcci strategici che ricercano – preoccupati certo più che nel passato della efficacia delle proprie politiche- visioni del futuro condivise, fondate, sostenibili.

Un passaggio decisivo del processo di costruzione del piano consiste, oltreché nell’interpretare le aspirazioni e le ambizioni della comunità, nell’individuare, all’interno di ciascun sistema di obiettivi, le specifiche criticità di quel territorio e di quella comunità, dove per criticità intendiamo gli scostamenti (in negativo) dalla norma o dagli andamenti o dalle condizioni cui è ragionevolmente possibile aspirare in relazione al contesto.

Così, con riferimento al punto di vista economico, le criticità potranno essere di volta in volta, per esempio, il deficit finanziario di gestione, la disoccupazione o la scarsità di manodopera, l’insufficiente diversificazione lavorativa, le carenze infrastrutturali o l’offerta inadeguata di spazi; dal punto di vista ambientale, l’inquinamento della costa o il degrado di un’area dismessa, la perdita di habitat e di biodiversità; da quello sociale la sicurezza, l’integrazione sociale, l’emarginazione degli anziani; da quello della vivibilità, i problemi del traffico, l’accessibilità ai servizi, il degrado di una zona costiera, la presenza di grandi aree monofunzionali.

Ma le criticità, se diagnosticate e affrontate solo all’interno di ciascun sistema di obiettivi o di priorità, con un approccio settoriale, possono dare luogo ad azioni unilaterali, suscettibili di produrre effetti collaterali non previsti e non voluti.

I quattro sistemi di obiettivi precedentemente individuati esprimono priorità e gerarchie di valori non solo diverse, ma potenzialmente (ed effettivamente) conflittuali tra loro. Tra ciascuna coppia di obiettivi si manifestano specifiche forme di trade-off (interazione/adattamento), che possono essere schematizzate nei termini seguenti.

Il conflitto ambiente/economia si manifesta tipicamente intorno al tema delle risorse, rinnovabili e non, così naturali (aria, acqua, suolo, habitat) come culturali (paesaggio, monumenti).

Il conflitto fra l’obiettivo dell’equità sociale e lo sviluppo economico ha per oggetto principale (e storicamente riconosciuto nel contesto della pianificazione territoriale) la concezione e l’uso della concessione, a incominciare dalle note sentenze della corte costituzionale in materia di ius aedificandi e dai problemi che ne derivano per la pianificazione degli spazi pubblici.

Il conflitto fra l’obiettivo della equità e della promozione sociale e quello della tutela ambientale riguarda ad esempio, la tematica del paesaggio tradizionale, nella misura in cui la sua conservazione dipende da pratiche che presuppongo una struttura sociale fortemente squilibrata.

Il conflitto fra vivibilità ed equità sociale si manifesta tipicamente in presenza di fenomeni di gentryfication, quando la valorizzazione di particolari contesti costieri porta alla rapida sostituzione della popolazione e delle attività presenti con altri ceti e altre attività oppure, al contrario, in presenza di flussi migratori intensi e concentrati quando si tratta di localizzare strutture non gradite (bagni pubblici, depositi di alghe, aree degradate o contaminate …).

Un esempio particolarmente significativo di conflitto fra vivibilità e ambiente è dato dall’aumento del consumo di suolo.

Infine, un caso tipico del conflitto fra vivibilità e sviluppo economico è quello che vede le comunità locali contrastare i grandi progetti infrastrutturali.

A tutto ciò va aggiunta la variabile tempo: i “tempi di ritorno” nell’orizzonte temporale dei vari sistemi di obiettivi della pianificazione sono diversi, in particolare quello ambientale può essere di lungo periodo.

Il Capitale Natura riveste all’interno del Piano di Utilizzo del Demanio Marittimo carattere strategico e emergente.

Il Capitale Naturale riguarda le funzionalità degli ecosistemi da cui la vita umana dipende e fornisce risorse naturali e materie prime per l’economia e lo sviluppo umano: “Il Capitale Naturale include l’intero stock di beni naturali – organismi viventi, aria, acqua, suolo e risorse geologiche – che contribuiscono a fornire beni e servizi di valore, diretto o indiretto, per l’uomo e che sono necessari per la sopravvivenza dell’ambiente stesso da cui sono generati”.

I principi del Piano devono essere pertanto ricondotti ad una logica di sviluppo sostenibile e di resilienza urbana tenendo conto della priorità del capitale naturale nelle logiche di uso del suolo costiero e di servizi ecosistemici.

Principi e Obiettivi di Piano

Secondo gli studi del World Resources Institute oltre il 70% della fascia costiera europea risulta gravemente minacciato. EUCC ha condotto un’indagine, “State of European Coast”, dalla quale emerge la tendenza all’antropizzazione della fascia costiera europea e la perdita o il degrado degli ecosistemi caratteristici. Secondo lo studio, nell’arco temporale compreso tra il 1960 ed il 1995, ogni giorno circa 1 km di costa integra è stato modificato dall’uomo, con contemporanea compromissione di numerosi ed estesi habitat costieri di rilevanza ecologica. Tra questi i più rappresentativi sono le dune costiere e le praterie di Posidonia Oceanica.

La gestione delle aree costiere demaniali, ha da sempre rappresentato un punto cruciale della pianificazione. Il Piano di Utilizzo del Demanio Marittimo rappresenta l’occasione, per ricomporre la biforcazione tra pianificazione urbana-territoriale e quella costiera, dovuta alla vecchia distinzione dei soggetti tenuti a stabilirne la programmazione (le Amministrazioni comunali da una parte e il Demanio dall’altra), consentendo di assicurare quel naturale e ambito rapporto osmotico costa-città e costa-territorio.

L’attività di pianificazione ha avuto il suo incipit dalla studio e dalla valutazione dei valori e degli elementi identitarie storici (naturalistici, paesaggistici, storici, produttivi) ed ancora presenti lungo la costa, comprenderne la loro fondamentale importanza ha consentito la definizione di un percorso che ha portato alla definizione dei “principi ispiratori” del presente P.U.D.M. come il rapporto tra la città e il mare, tra l’entroterra e la linea di costa.

Nel corso degli anni la città di Marsala, non solo ha perso il senso del valore (naturalistico, paesaggistico, culturale, sociale, economico,) espresso dalla linea di costa, ma si è creata una lacerazione nel rapporto tra città, il territorio ed il mare che ha portato alla creazione di “vuoti”, di “non luoghi”, di una conflittualità tra l’uso che l’uomo ne ha fatto della costa e i valori che la stessa esprime. Pertanto la ricucitura del rapporto perso con il mare è diventata materia di riflessione progettuale fulcro del presente P.U.D.M., che ha il preciso obiettivo di “ridare alla città e al suo territorio il mare”. Una Visione Strategica non può che individuare nella “produzione e l’incremento di valore generato dalle risorse (materiali e immateriali) che risiedono sul territorio, la principale sfida che la città e la società locale dovranno affrontare nel prossimo futuro e che deve orientare le scelte di programmazione e gestione dell’azione amministrativa, per consentire che le risorse territoriali divengano il tessuto connettivo di un nuovo modello di sviluppo locale, in grado di alimentare relazioni virtuose tra gli attori locali e moltiplicare le relazioni produttive con il contesto globale. Una concezione multidimensionale del territorio, in grado di innescare processi di valorizzazione a vari livelli del sistema socio-economico locale, appare la strada più promettente da perseguire attraverso la pianificazione strategica. Già nel processo partecipato al Piano Strategico di Marsala erano emersi quattro specifici orientamenti tematici per lo sviluppo della città:Promuovere la qualità territoriale;Rigenerale l’economia rurale;La cultura al centro delle politiche di sviluppo;Il mare come industria del futuro. Quest’ultimo, in particolare, delinea la risorsa mare quale potenziale catalizzatore di risorse e progettualità in grado di integrare il tradizionale orientamento rurale dell’economia marsalese. I presupposti rimandano ad un insieme di condizioni in atto e potenziali tra le quali: la posizione geografica, strettamente legata all’arcipelago delle Egadi e di spartiacque tra il Canale di Sicilia ed il Tirreno; lo sviluppo costiero (oltre trenta chilometri di territorio comunale) caratterizzato da notevole varietà di connotazioni naturali; una particolare vitalità nel campo del diportismo e degli sport nautici e velici, il cui potenziale andrà rafforzato dalla prevista riqualificazione dell’area portuale. Allo stato attuale, la messa in valore di queste risorse appare condizionata dalla mancanza di una politica unitaria e dagli irrisolti conflitti tra strumenti di tutela, domande di fruizione e sfruttamento della risorsa in termini economici. Appare compito prioritario valorizzare la risorsa mare, indicando politiche, progetti e formule organizzative orientate a rendere vantaggiosa la cooperazione tra i diversi operatori locali.”

Il piano dovrà pertanto perseguire i seguenti obiettivi specifici:

– promuovere progetti di riqualificazione della linea di costa, con particolare priorità alle aree degradate, cercando di massimizzarne l’accessibilità e la fruibilità nel rispetto dei valori naturalistici e ambientali;

– avviare azioni di branding e di marketing territoriale orientate a veicolare l’identità di Marsala come città degli sport legati al mare ed al vento;

– sostenere la micro-imprenditorialità nei servizi sportivi (di nautica, velici, archeologia subacquea) e ricreativi in grado di arricchire l’offerta turistica legata alla risorsa mare;

– promuovere la compatibilità dei processi di uso del suolo con la sicurezza e la tutela dell’integrità ambientale e paesaggistica;

– migliorare la qualità della vita e della salubrità degli utilizzi nella fascia costiera;

– ridurre della pressione sui sistemi naturali e ambientali, anche attraverso opportuni interventi di mitigazione degli impatti;

– ridefinire la linea di dividente demaniale in ragione dell’incongruenza dell’inserimento di alcuni tessuti urbani consolidati;

– favorire l’identità culturale della costa attraverso la richiesta di deroga alle attività sportive già in essere che utilizzano più di 800 mq.

Pier Benedetto Mezzapelle

Cartografie e Norme